L’opera di Vieri è un omaggio alla memoria e alle vittime di Ustica.
Nasce dall’idea che sia possibile sondare i casi irrisolti lasciando la parola agli oggetti – nella fattispecie al relitto dell’aeromobile Itavia, volo IH870 – che soli conoscono la verità dei fatti e che, muti testimoni del sangue, raccontano oggi un frammento di storia d’Italia che è anche la storia di ciascun italiano.
L’installazione consta di tre immagini fotografiche per le quali l’oggetto aeromobile è stato interamente ricostruito a mano (senza dunque alcun ricorso alla fotomanipolazione o al fotomontaggio di immagini preesistenti), rivestito con miniature dei fogli di giornali dell’epoca e fotografato con un accurato ricalcolo scientifico della luce quale essa era il 27 giugno 1980 alle 20:10, alle 20:35 e alle 20:58.
La sequenza che costituisce l’opera, va letta da sinistra verso destra e ciascuna fotografia intende restituire un attimo cruciale della vicenda passata tristemente alla storia come “Strage di Ustica”.
La prima immagine rappresenta il decollo, avvenuto da Bologna Borgo Panigale alle 20:10 (con un ritardo di due ore che escluderebbe l’ipotesi della bomba a orologeria interna all’aeromobile); la seconda, al centro dell’opera, rappresenta il momento del volo in quota all’altezza di Ciampino (ore 20:35 ca.), quando avvennero le ultime conversazioni tra il pilota del dc9 e la torre di controllo dall’aeroporto di Ciampino; la terza e ultima immagine rappresenta il lasso di tempo tra le 20:55 e le 20:58 ca., ovvero poco prima della caduta dell’aeromobile DC-9 diretto a Punta Raisi, nel braccio di mare compreso tra le isole di Ponza e Ustica.
I calcoli sulla luce, nell’opera di Vieri assumono il significato pregnante di “punto di vista” sulla sciagura. Infatti, dopo un decollo da un cielo nuvoloso, nella seconda immagine, l’aeromobile Itavia è rappresentato come se venisse visto da un velivolo affiancato (dunque è in piena luce), mentre nell’ultima fotografia, il DC-9 ha la luce di fronte e si trovandosi nell’impossibilità di vedere eventuali altri aerei. La sua posizione, nella virata dell’ultima immagine, ha il raggio di inclinazione che è stato calcolato dalle perizie successive all’incidente.
In questo modo, teorie, ipotesi, supposizioni, dopo essere state studiate attentamente dall’artista, sono state messe a tacere per lasciare che a parlare fosse il relitto dell’Itavia.
La cornice che infatti ingloba le immagini in un’installazione, imita la lamiera contorta di un relitto.
E di fronte al dolore e al mistero, l’osservatore resta attonito, prova a immaginare, insegue la verità ma percepisce soltanto il fremito della carcassa che sola, custodisce il segreto di una strage ancora impunita.
Testo di Emanuela Ersilia Abbadessa
Presentato alla VI edizione del Festival del Giornalismo di Ronchi dei Legionari (GO)
Matteo Simoni stimato collaboratore, ha realizzato fedelmente interamente a mano i modelli che fanno da soggetto dell'opera.